Truman

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Truman
, il nuovo film del regista spagnolo Cesc Gay uscito in Italia il 21 aprile, è un'opera delicata che ha ricordato allo spettatore cinico e disincantato di oggi l'esperienza ormai insolita della commozione su grande schermo.
L'espressione "film strappalacrime" è utilizzata, con accezione negativa, per descrivere film ricattatori che cercano di commuovere lo spettatore con facili espedienti. Scene madri dai toni esasperati, musica stucchevole e recitazione sopra le righe sono gli elementi indispensabili di questo genere di film. Si tratta di un approccio applicato negli anni ai più svariati generi cinematografici ma che si addice particolarmente alle storie d'amore caratterizzate da una deriva tragica. I titoli che rientrano in questa particolare categoria sono numerosi e buona parte di essi gode purtroppo di ottimo successo tra il pubblico italiano. Viceversa, sono sempre meno i film capaci di commuovere in modo onesto, senza che lo spettatore dotato di un minimo di cultura cinematografica si senta in qualche modo ingannato e viva la proiezione con un certo fastidio.

Benefica in questo senso è la visione di
Truman, il nuovo film del regista spagnolo Cesc Gay uscito in Italia il 21 aprile, un'opera delicata che ha ricordato allo spettatore cinico e disincantato di oggi l'esperienza ormai insolita della commozione su grande schermo. Grande protagonista agli ultimi Goya dove ha vinto cinque premi tra cui quello per il miglior film, e al San Sebastián International Film Festival, dove i due attori protagonisti hanno vinto il premio per la migliore interpretazione, Truman è ambientato a Madrid e racconta l'amicizia tra due uomini in un momento particolarmente drammatico della loro esistenza, segnato dalla malattia di uno dei due.

Caratterizzato da una messa in scena molto classica e da una fotografia sobria che illumina una Madrid grigia, malinconica e quasi parigina,
Truman ha la sua forza in una sceneggiatura solida che riesce a trattare il tema dell'amicizia e della morte in modo semplice eppur innovativo. Ciò è reso possibile soprattutto dalla straordinaria interpretazione dei due attori protagonisti, l'argentino Ricardo Darín e lo spagnolo Javier Cámara. Due attori che non avevano mai lavorato assieme in precedenza e che ciononostante mostrano un affiatamento e una complicità piuttosto rari. I dialoghi tra i due sono frammentati, spesso intervallati da lunghe pause e sguardi intensi. La recitazione di Javier Cámara è tutta votata alla sottrazione, al non detto, come si addice a un personaggio che sembra sempre sul punto di fuggire. Lo sguardo languido e impaurito dell'attore incarna al meglio il disagio vissuto dal suo personaggio. Ma il vero protagonista del film è Ricardo Darín che costruisce un personaggio profondo, coraggioso nella disperazione, molto umano per come alterna errori e disperati tentativi di rimedio.

Due cliché fanno ridere. Cento commuovono”, scriveva Umberto Eco nella celebre analisi critica di Casablanca. Ed è una formula che si adatta benissimo anche a Truman, film a cui certo non mancano molti degli stereotipi della “commedia drammatica” e che ciononostante non risulta mai banale né mieloso. Il regista ha dichiarato di aver vissuto personalmente una vicenda simile a quella narrata, e forse anche per questo motivo riesce a mantenere la sobrietà, l’asciuttezza necessarie per dirigere un film così, che sembra appartenere a un’altra epoca e a un altro mondo.
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