The Hateful Eight

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In uscita in Italia domani, giovedì 4 febbraio,
The Hateful Eight è l'ottavo film da regista di Quentin Tarantino.
Western anomalo e cupo, ambientato nei paesaggi innevati del Wyoming ma in realtà quasi interamente girato in un unico spazio chiuso, The Hateful Eight è un film corale che vede come protagonisti alcuni degli attori feticcio di Tarantino: Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Walton Goggins, Tim Roth, Michael Madsen e Bruce Dern cui si aggiungono i "nuovi" Demián Bichir e Jennifer Jason Leigh.

Tra le molte curiosità legate al film, quella di cui più si è parlato nelle scorse settimane è la scelta insolita da parte di Tarantino di girare il film su pellicola. In particolare il regista americano ha recuperato un rarissimo formato da 70 mm, Ultra Panavision 70, utilizzato in precedenza solo per pochi film tra cui alcuni classici come
Ben-Hur (1959) e Gli ammutinati del Bounty (1962), che consente di ottenere un'immagine più grande e dettagliata. Per espressa volontà del regista, la distribuzione digitale su larga scala di The Hateful Eight è stata preceduta negli Stati Uniti da una più limitata distribuzione su pellicola che ha coinvolto un centinaio di sale cinematografiche, quelle equipaggiate per questo tipo di proiezione. La versione in pellicola del film, più lunga di venti minuti rispetto alla versione digitale, è stata proiettata nei giorni scorsi anche in Italia in sole tre sale cinematografiche. Questo articolo si riferisce alla versione su pellicola la cui proiezione è avvenuta in anteprima al cinema Arcadia di Melzo venerdì 29 gennaio. La versione su pellicola si differenzia per la presenza di alcune scene supplementari tra cui l'overture, a immagine ferma, della durata di quattro minuti e dedicata alla straordinaria colonna sonora scritta appositamente da Ennio Morricone per questo film. È prevista inoltre una pausa di 12 minuti a metà film, pausa voluta dal regista e la cui mancanza nella versione digitale potrebbe rendere meno comprensibile la sequenza successiva.

La storia di
The Hateful Eight è molto semplice. Ambientato alla fine dell'800 in un periodo di poco successivo alla Guerra di Secessione, il film racconta la storia di alcuni uomini e di una donna, tutti o quasi dal passato oscuro e criminale, costretti loro malgrado da una bufera di neve a cercare rifugio in una casa sperduta tra le nevi del Wyoming. La convivenza all'interno della casa diviene presto difficile e in un continuo susseguirsi di menzogne, tradimenti e false alleanze, la situazione degenera presto in un terribile gioco al massacro.

Si parte subito forte: la prima inquadratura del film resta impressa nella memoria allorché la musica angosciante di Ennio Morricone accompagna la macchina da presa in un lento zoom all'indietro che mostra la statua di un Cristo crocifisso dimenticato in mezzo alla neve, mentre una carrozza spunta in campo lungo avvicinandosi a tutta velocità. Prima inquadratura, prima citazione. Difficile infatti non pensare alla sequenza iniziale di
Il grande silenzio di Sergio Corbucci, allorché la sagoma scura di Jean-Louis Trintignant si avvicina lentamente a cavallo, superando la pesante coltre nevosa accompagnato dalla drammatica musica di Morricone. È solo la prima di una lunga serie di citazioni cinematografiche presenti in The Hateful Eight, alcune riferite alla filmografia del regista (la presenza di alcuni indumenti appartenuti al personaggio di Django, il tabacco "red apple" citato in molto suoi film precedenti, i duelli di Le iene, …) e altre invece ispirate a film di altri registi, con un riferimento particolare a La cosa di John Carpenter, a quanto pare l'unico film che Tarantino ha voluto mostrare ai suoi attori prima delle riprese. Eppure l’ispirazione più significativa resta a mio parere quella del film di Corbucci di cui The Hateful Eight condivide non solo il paesaggio montano e innevato, così lontano dagli stereotipi del genere western, ma soprattutto l'atmosfera cupa e apocalittica, la crudezza e la gratuità della violenza, l'egoismo e la diffidenza che contraddistinguono i rapporti umani. Alcuni brevi passaggi di The Hateful Eight confermano questa sensazione: nella prima parte del film una breve inquadratura, presente tra l'altro anche nel trailer italiano del film, si sofferma su uno stormo di uccelli neri che volano sopra una distesa di neve. Un'inquadratura molto simile, con lo stesso soggetto, è presente ne Il grande silenzio. Anche le ripetute parentesi nelle quali Tarantino sottolinea il bizzarro modo con cui i personaggi infreddoliti inchiodano la porta di casa, ricordano da vicino una sequenza de Il grande silenzio nella quale Trintignant uccide a sangue freddo un killer infuriato per il freddo proveniente da una porta lasciata appositamente aperta.

Tecnicamente ineccepibile e esteticamente molto curato, il film vanta una prima parte splendida in cui le brevi e spettacolari sequenze in esterni, bellissimi i primi piani che mostrano i cavalli al galoppo sulla neve, si alternano a dialoghi particolarmente ispirati: il primo incontro tra John Ruth (Kurt Russel) e Major Marquis Warren (Samuel L. Jackson), quello con Sheriff Chris Mannix (Walton Goggins) e tutte le scene girate all'interno della diligenza sono tra i momenti migliori del film grazie all'ispirazione degli attori e all'originalità della scrittura, qui in perenne equilibrio tra la tensione della violenza latente e la paradossale comicità della situazione. A metà film, dopo un'interruzione di 12 minuti, una sorta di "fine primo tempo" voluto dal regista e previsto solo nella versione su pellicola,
The Hateful Eight riprende con una sequenza geniale che qui preferiamo non raccontare. Basti dire che si tratta di una riflessione molto originale sul tempo del cinema rispetto al tempo della vita reale, su come il primo possa simbolicamente sovrapporsi al secondo in una concezione del cinema che supera lo schermo e diventa esperienza vissuta.

La seconda parte del film, quasi completamente girata all'interno della casa, è caratterizzata da continui dialoghi e monologhi dei personaggi, intervallati da momenti di violenza splatter. Nonostante lo sforzo degli attori, magnifici Kurt Russel e Samuel L. Jackson, la scrittura di Tarantino in questa seconda parte si fa meno ispirata, i suoi personaggi parlano molto ma le loro parole risultano a tratti ripetitive e meno originali del solito. I dialoghi non possiedono quel senso di epicità, sensazione difficile da descrivere, che è elemento fondamentale del cinema passato del regista ma che qui fatica a materializzarsi, come dimostra il finale un po' deludente che ci si immaginava di maggior respiro.

Le riflessioni sulla storia che avevano positivamente caratterizzato i precedenti
Inglourious Basterds e Django Unchained, donando a quei film chiavi di lettura inattese e maggiore profondità, qui risultano più fumose e meno convincenti, soffocate da uno spettacolo pirotecnico di grande suggestione che non lascia spazio a nient'altro e che in definitiva impedisce a The Hateful Eight di diventare qualcosa di più di uno straordinario, irraggiungibile esercizio di stile.
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