Lontano da qui

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Come può reagire una persona di fronte a un atto artistico geniale e imprevisto?
È una domanda interessante alla quale tenta di rispondere la regista italoamericana Sara Colangelo con Lontano da qui, il suo secondo lungometraggio presentato quest’anno in molti festival internazionali, tra cui Toronto e Sundance, e distribuito nella sale italiane da giovedì scorso. Remake dell’omonimo film israeliano The Kindergarten Teacher (2014), Lontano da qui racconta la storia di Lisa (Maggie Gyllenhaal), madre di famiglia e insegnante d’asilo che scopre le eccezionali capacità di Jimmy (Parker Sevak), un alunno geniale che a soli cinque anni è capace di inventare poesie di struggente bellezza. Film dallo sviluppo narrativo lineare, non particolarmente suggestivo dal punto di vista visivo, Lontano da qui ha i suoi punti di forza in una sceneggiatura molto precisa, un testo delicato ma non privo di slanci potenti e imprevedibili, e nell’interpretazione di Maggie Gyllenhaal, qui davvero al suo meglio.

Nell’adattare il testo originale di Nadav Lapid, Sara Colangelo, sceneggiatrice del film oltre che regista, sceglie di modificarne il punto vista e di raccontare la vicenda attraverso lo sguardo di Lisa. Alla regista non interessa tanto analizzare il mistero del processo creativo, quanto piuttosto la reazione di una persona che assiste a questo spettacolo e ne resta sconvolta emotivamente. Lisa non è l’unica ad accorgersi del talento di Jimmy; altre persone ne sono a conoscenza tra cui Becca, la ragazza che accompagna Jimmy a scuola, e Meghan la collega di Lisa. Eppure Lisa reagisce in modo diverso rispetto a tutti gli altri: decide da quel momento di dedicare tutte le sue attenzioni a Jimmy, trascurando i propri familiari che la deludono continuamente per lo scarso interesse mostrato nei confronti dell’arte. Pur non avendo un grande talento poetico, anche Lisa è in fondo un’incompresa, dotata di straordinaria sensibilità nel cogliere il gesto artistico e disposta a tutto per proteggerlo. L’idea di raccontare la storia dal suo punto di vista è molto interessante e rappresenta l’elemento forse più originale della sceneggiatura di Colangelo. Quello di Lisa, infatti, è un personaggio femminile complesso e molto ambiguo, non privo di aspetti negativi e comportamenti anti-etici; la sua è una figura piuttosto insolita all’interno del cinema americano contemporaneo dove, come ha dichiarato Colangelo
in alcune recenti interviste, la figura dell’anti-eroe femminile è ancora poco utilizzata.

Un personaggio adatto alle qualità recitative di Maggie Gyllenhaal, qui anche produttrice, che nel corso della sua carriera ha più volte interpretato personaggi non convenzionali, psicologicamente complessi come quelli di
Secretary (2002), Sherrybaby (2006) Hysteria (2011) o The Deuce (2017 - 2018). Tenendosi alla larga da una caratterizzazione eccessiva e sopra le righe che avrebbe certamente banalizzato il suo personaggio, Gyllenhaal adotta qui uno stile recitativo sobrio e ricco di sfumature. L’aspetto ossessivo del carattere di Lisa viene mostrato gradualmente e senza alcuna spettacolarizzazione. La scelta della regista di inserire la figura di Lisa all’interno di un ambiente familiare classico e accomodante (Lisa è sposata e madre di due figli) toglie un altro possibile alibi allo spettatore, e cioè quello di giustificare la passione irrazionale di Lisa verso il piccolo Jimmy come un sentimento di maternità irrisolto.

Lontano da qui è anche un film sul dialogo, o meglio sulla difficoltà di comunicazione che è caratteristica nella società americana odierna. Lisa tenta invano di comunicare agli altri l’arte di Jimmy ma le persone che la circondano non la capiscono, hanno interessi meno nobili e più materiali, si esprimono con parole diverse dalle sue. Nel tentativo di instaurare un dialogo culturale impossibile, Lisa fallisce miseramente. È un anti-eroe solitario che rischia di essere isolato e scambiato per folle. E che, forse anche per questo motivo, folle diventa.
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