Charley Thompson

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©TeodoraFilm

Charley Thompson è il titolo italiano del quarto lungometraggio del regista inglese Andrew Haigh, nelle sale da domani.
Il film, che in originale si intitola Lean on Pete come il romanzo di Willy Vlautin da cui è tratto, racconta la difficile adolescenza di Charley la cui solitudine sembra trovare conforto nell’amicizia con un cavallo da corsa. Ulteriore tassello di una filmografia che seppur giovane rivela già temi ricorrenti e uno stile molto personale, Charley Thompson ha i propri punti di forza nell’eccezionale interpretazione del giovane protagonista Charlie Plummer (premio Marcello Mastroianni alla 74. Mostra di del Cinema di Venezia) e nella capacità del regista di raccontare una storia emozionante con uno stile asciutto e privo di sentimentalismo.

Alle prese col primo film ambientato negli Stati Uniti, l’inglese Andrew Haigh dimostra ancora una volta di essere un grande direttore d’attori. Maestro nel mettere in scena dialoghi intimi, emozionanti eppure privi di enfasi, Haigh conferma la sua eccezionale sensibilità nel cogliere le sfumature emotive dei suoi personaggi. Aggira costantemente la retorica attraverso l’inserimento di elementi duri e persino violenti che aumentano il livello di realismo del film. Tratteggia rapporti umani complessi e spesso contraddittori come quello tra il giovane protagonista Charley e suo padre, o ancora tra Charley e Del, l’allenatore di cavalli interpretato da Steve Buscemi. Quando Charley inizia a lavorare per Del, sembra nascere in quest’ultimo un senso di affetto nei confronti del ragazzo. Sentimento che il regista sceglie di mostrare in modo anti-retorico, sottolineando per contrasto la ruvidezza e l’egoismo di Del. Piacevolmente colpito dalla buona volontà del ragazzo, Del decide di offrirgli una paga superiore a quella stabilita, salvo la volta successiva pagarlo meno del dovuto. Più tardi il rapporto tra i due subirà un ulteriore cambiamento di rotta, ancora più radicale. Affascinato dall’incoerenza e dall’imprevedibilità dei rapporti umani, Haigh lavora sulla discordanza esistente tra la parola detta e il sentimento che la sottende. Sta sempre alla larga dai 
cliché e sorprende continuamente lo spettatore, nonostante l’apparente sobrietà e classicità della sua narrazione. 

Questo lavoro sul linguaggio e sui suoi diversi livelli di significato, che è l’aspetto più marcatamente 
British del cinema di Haigh, caratterizza tutta la prima parte del film. Nella seconda parte il film cambia completamente registro per trasformarsi in una sorta di on the road solitario e disperato dove Charley è il protagonista assoluto e le sue uniche interazioni con altri esseri umani si limitano ad alcuni brevi e tragici incontri. Il film si trasforma in un viaggio notturno non privo di richiami al genere western (Charley è diretto a Laramie, la città da cui proviene Will Lockhart, protagonista de L’uomo di Laramie di Anthony Mann), dove però il cavallo non è più un semplice mezzo di spostamento per raggiungere la meta, ma diventa lo specchio dell’uomo, l’unico essere vivente a cui l’uomo può rivolgersi quando il mondo diventa tragico e disumano. 

Per affinità tematiche, 
Charley Thompson mi ha ricordato un altro film americano realizzato nello stesso periodo e di prossima uscita nelle sale americane (13 aprile). Si tratta del bellissimo The Rider di Chloé Zhao (vedi la recensione del film su schermiavapore), film che ha per protagonista Brady, un giovane campione di rodeo costretto a abbandonare la sua passione a causa di un grave infortunio alla testa. Per Brady come per Charlie, il cavallo rappresenta l’unica via di fuga dalla solitudine, sentimento quest’ultimo che torna in tutta l’opera di Haigh e che è forse il grande nemico dei suoi personaggi.

La riuscita di questo film coraggioso non poteva prescindere dall’incredibile prova di Charlie Plummer, la cui presenza scenica mi ha ricordato quella del compianto River Phoenix. Nonostante la giovanissima età, Plummer recita con grande controllo e insospettata misura, per nulla impaurito dalle numerose scene in solitaria. In un finale che richiama la sequenza iniziale del film, Charley, come tutti i personaggi del cinema di Andrew Haigh, ha davanti a sé un nuovo inizio le cui speranze però sfumano in un passato che non si dimentica.

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