Manchester by the Sea

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©universalpictures

Recente vincitore di due premi Oscar, a Casey Affleck come miglior attore protagonista e a Kenneth Lonergan per la miglior sceneggiatura originale,
Manchester by the Sea racconta la storia di Lee Chandler, quarantenne malinconico e solitario, costretto per motivi familiari a tornare nel villaggio natio, teatro anni prima di una tragedia personale impossibile da dimenticare.
Il soggetto di Manchester by the Sea ha origine da un'idea di Matt Damon e John Krasinski, amici del regista Kenneth Lonergan a cui decidono di raccontare la storia, nella speranza che possa un giorno scriverne la sceneggiatura e realizzarne il film. A quanto pare l'idea di coinvolgere Lonergan nasce anche dalla volontà di aiutare quest’ultimo ad uscire da un periodo professionale particolarmente difficile, segnato della disavventura produttiva del precedente Margaret, film che vedeva proprio Matt Damon tra gli attori principali. Opera maledetta per eccellenza, Margaret fu girato da Lonergan nel 2005, ebbe una tribolata fase di post-produzione nella quale furono coinvolti persino Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker, un periodo che durò anni e terminò solo nel 2011 quando il film venne finalmente distribuito nelle (poche) sale cinematografiche americane con pessimi risultati al botteghino. Anche a causa di questa disavventura, Lonergan ha potuto dirigere solo due film in quindici anni. Accetta quindi di buon grado la proposta dell'amico Damon relativa a una storia che, a ben guardare, è pienamente nelle sue corde e che contiene elementi in comune con i suoi due lungometraggi precedenti: You Can Count on Me (2000), racconto di una donna sconvolta dal ritorno in paese del giovane fratello, e il già citato Margaret, storia di una ragazza la cui vita cambia a seguito di un incidente automobilistico.

La presenza di un evento traumatico, spesso di natura familiare, è l'elemento centrale del cinema di Lonergan, un autore malinconico e intimista, particolarmente interessato a approfondire la dimensione psicologica dei suoi personaggi e il loro tentativo disperato di sopravvivere agli eventi tragici della vita. La depressione e la malattia psicologica sono temi ricorrenti nel suo cinema, presenti in chiave ironica anche nelle sue sceneggiature più hollywoodiane quali
Terapia e pallottole (Analyze This, 1999) e Un boss sotto stress (Analyze That, 2002). Manchester by the Sea è invece un film dalla forte tensione drammatica privo di momenti di distensione, se si eccettuano le brevi parentesi dedicate alle avventure amorose dell'adolescente Patrick (Lucas Hedges, giustamente nominato all'Oscar come miglior attore non protagonista). Il passato di Lee Chandler e della sua famiglia è raccontato attraverso una serie di flashback che, al contrario di quanto avviene in molti film con una struttura simile, non hanno alcuna caratterizzazione di tipo estetico. L'omogeneità formale, unita al montaggio asciutto e privo di dissolvenze, rendono repentino e imprevedibile l'alternarsi di passato e presente, contribuendo a mantenere viva la suspense nello spettatore. In fondo, ciò che segna la differenza tra il passato e presente di questa triste storia è l'espressione sul volto di Chandler, la sua personalità così fatalmente segnata, modificata dalla tragedia. In questo senso l'interpretazione di Casey Affleck è particolarmente complessa perché doppia, come se interpretasse due personaggi diversi.

Non particolarmente suggestivo dal punto di vista estetico,
Manchester by the Sea può contare su una sceneggiatura che, pur nella sua linearità, contiene dialoghi molto intensi e credibili. Lonergan conferma inoltre una certa abilità nella direzione degli attori (tutti molto bravi), specialmente nelle sequenze ad alta tensione emotiva, oltre a una particolare, curiosa sensibilità nei confronti dei personaggi più deboli. Ciò si nota per esempio in due brevi sequenze musicali che mostrano il giovane Patrick suonare la chitarra assieme agli altri membri del gruppo. Senza una vera ragione narrativa, il regista punta la sua macchina da presa sul timido ragazzo che suona la batteria e che viene ripetutamente redarguito dai compagni perché incapace di tenere il ritmo.

In un finale asciutto, non conciliante e in questo senso coraggiosamente anti-hollywoodiano, Lonergan chiude con coerenza una storia disperata nella quale il passato segna indelebilmente anche il presente, e la speranza è affidata a brevi istanti di umanità e compassione.

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