Richard Jewell

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©warnerbros

Richard Jewell è il nuovo film di Clint Eastwood, il trentanovesimo della sua carriera, uscito nelle sale italiane lo scorso 16 gennaio.
È sceneggiato da Billy Ray sulla base dell’articolo American Nightmare: the Ballad of Richard Jewell (link all’articolo), scritto nel 1997 dalla giornalista americana Marie Brenner, la stessa che con un suo articolo ispirò il film The Insider di Michael Mann. Il film ripercorre la storia vera di Richard Jewell (Paul Walter Hauser), giovane guardia di sicurezza che durante le Olimpiadi di Atlanta del 1996 scoprì una bomba nascosta in uno zaino tra la folla, salvando così molte vite umane. Il film si concentra sull’eccezionale attenzione mediatica nei confronti di Jewell e sulle accuse a lui rivolte dall’FBI, che lo identifica erroneamente come colpevole dell’attentato. Grazie all’aiuto dell’amico avvocato Watson Bryant (Sam Rockwell), e con il sostegno della madre (Kathy Bates) Jewell tenterà di resistere alle accuse e all’assalto mediatico di cui è vittima.

Sorretto da una sceneggiatura molto ben calibrata, da un cast particolarmente ispirato e da una regia solida che evita ogni rischio di retorica, Richard Jewell è uno dei migliori Eastwood degli ultimi anni, probabilmente il migliore dai tempi di Gran Torino.

Come in altri suoi film recenti, tra cui
The 15:17 to Paris e Sully, anche in Richard Jewell Eastwood rende omaggio ad un eroe normale, un comune cittadino americano che, alle prese con un evento drammatico di grande portata, riesce con coraggio e senso di responsabilità a reagire prontamente, portando in salvo numerose vite umane. Rispetto al precedente Sully, film con cui ha molti elementi in comune, Richard Jewell si concentra meno sulle dinamiche dell’evento per dedicare maggiore spazio a quanto accaduto successivamente, ovvero alla violenza psicologica subita dal protagonista a causa delle pressioni da parte della stampa e delle indagini condotte in modo fazioso e superficiale dall’FBI.

La regia di Eastwood, come sempre molto asciutta e priva di spettacolarizzazioni o vezzi autoriali, mira a ricostruire gli eventi nel modo più verosimile possibile. Sono molti gli elementi del film che vanno in questa direzione a cominciare dalla scelta degli attori, in primis Paul Walter Hauser, del tutto somiglianti ai veri protagonisti della vicenda (come conferma anche Eastwood in una recente intervista). Molti dialoghi del film sono tratti da autentiche dichiarazioni dell’epoca e citate nel famoso articolo di Marie Brenner, come quella dell’avvocato Bryant, furioso quando assiste al prelievo dei capelli di Jewell da parte dell’FBI (“If you were doing this to me, you would have to fight me. You would have to beat the shit out of me”). La volontà di ricostruire fedelmente l’accaduto è evidente anche nella scelta di girare ad Atlanta, nei luoghi dove ventitré anni prima scoppiò la bomba. Secondo quanto riportato da IMDB, la sequenza dell’esplosione venne girata da Eastwood proprio nel giorno dell’anniversario dell’attentato. Scelte curiose ma piuttosto ricorrenti nel cinema più recente del regista americano (basti pensare che nel film The 15:17 to Paris Eastwood scelse come attori i veri protagonisti della vicenda) e che rispondono all’esigenza di immedesimarsi il più possibile nella storia per poterla raccontare da un punto di vista privilegiato, con una vicinanza emotiva straordinaria.

Un approccio che si estende anche alla recitazione degli attori, qui davvero eccellenti. Il protagonista è Paul Walter Hauser, giovane attore americano poco conosciuto che però aveva già avuto alcuni ruoli secondari in film importanti quali
Tonya di Craig Gillespie e BlacKkKlansman di Spike Lee. Al di là della somiglianza fisica col vero Jewell, è interessante il lavoro fatto dall’attore sulla voce e sui movimenti del corpo, per cercare di riprodurre la gestualità così particolare del vero Richard Jewell, un uomo che, per usare un’espressione molto efficace della giornalista Marie Brenner, “occupava lo spazio fisico come fosse un teenager”. Non sono da meno le prove degli altri attori, Sam Rockwell, Jon Hamm e soprattutto un’immensa Kathy Bates, candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista. Ogni volta che questa grande attrice americana ritorna sul grande schermo ci fa sentire in colpa per esserci dimenticati di lei in precedenza.

Alle soglie dei novant’anni, Eastwood ci ha regalato un altro prezioso oggetto cinematografico che ancora una volta racconta la forza degli individui alle prese con le inefficienze e le ingiustizie dei poteri forti, rappresentati in questo caso dai media e dall’FBI. Mentre sullo sfondo emerge, come sempre nel cinema del regista, la storia di una grande amicizia.

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